IL CANTO DELLA STELLA. 4 SECOLI DI TRADIZIONE

Approfondimento etnomusicale sulla tradizione del Canto della Stella.

Sabato 16 dicembre 2023

ore 15.00
Brescia, Sala Conferenze e InfoPoint (Palazzo del Foro)

Modera Gaia Mombelli, Giornalista e Presidente dell’Associazione Culturale Choros.

Ore 15.00

Saluti istituzionali

Ore 15.15

RENATO MORELLI

Stelle e Gelindi, Una ricerca trentennale, fra documentazione e rivitalizzazione.

Esiti di uno studio trentennale sui canti di questua natalizio-epifanici della «Stella», fra documentazione e rivitalizzazione. La ricerca ha consentito di affrontare con documenti di prima mano la questione della derivazione da fonti scritte di canti (collocati sul confine fra popolare e colto, scritto e orale, sacro e profano) considerati “di tradizione orale”. Derivazione finalmente databile quantomeno alla seconda metà del Seicento e in taluni casi anche a un secolo prima, ovvero alle lodi a travestimento spirituale elaborate dal Concilio di Trento.
Oltre all’ambito accademico, lo studio ha avuto risvolti significativi anche in relazione a quello artistico-drammaturgico, suggerendo l’idea di realizzare due progetti di teatro-musica: Gelindo sulla rotta dei Magi, Sacra rappresentazione per cantastorie, stellari e voci gregoriane, seguito dopo qualche anno (anche in relazione alle nuove “scoperte” dei canti “noti al volgo”) dal nuovo spettacolo multimediale Stelle, Gelindi, tre re. Tradizione orale e fonti scritte nei canti di questua natalizio-epifanici dell’arco alpino dalla Controriforma alla globalizzazione.
Infine, tutti i documenti sonori registrati nel corso della ricerca sono confluiti in APTO (Archivio Provinciale della Tradizione Orale) presso il METS (Museo Etnografico Trentino San Michele). Per rivitalizzare ulteriormente questo fondo, sono stati organizzati dal METS un ciclo di otto webinar, durata media di 60’, su piattaforma zoom, con accesso libero. I webinar sono stati registrati e postati quindi sulla piattaforma Youtube, consultabili in streaming come podcast.

Renato Morelli
Etnomusicologo, regista, musicista (Trento, 1950). Laureato con lode in sociologia della musica, ha studiato clarinetto presso il Conservatorio di Trento. Nel 1975 ha trascorso sei mesi – con borsa ministeriale – a Budapest per studiare il sistema Kodaly e il fondo Bartok. Regista RAI, ha realizzato 65 film etnografici su Arco alpino, Sardegna, America latina, Caucaso, ottenendo 25 premi internazionali. Ha pubblicato 75 studi scientifici (in italiano, tedesco, francese, inglese, georgiano), insegnando presso le Università di Trento, Milano, Como, e i Conservatori di Trento, Bolzano e Brescia. Ha fondato 11 progetti musicali, pubblicando 19 CD e 20 DVD, realizzando varie regie teatrali. Dal 2023 è direttore scientifico di APTO presso il METS.
Bibliografia, discografia, filmografia: www.renatomorelli.it

Ore 16.00

GIULIANO GRASSO

Originalità dei canti epifanici nella tradizione bresciana e relazioni con la raccolta di Michi.

L’intervento prende in esame la varietà delle diverse tipologie di testi presenti nel repertorio dei canti della stella eseguiti in provincia di Brescia, analizzando la loro struttura in relazione alla possible connessione con la raccolta dei Sacri Canti pubblicata da Don Giambattista Michi a Tesero nel XVII secolo.
Se quest’ultima sembra essere con buona dose di probabilità la fonte dalla quale si sono sviluppate molte delle versioni oggi in uso in molti paesi del Trentino del Veneto e del Friuli, per quanto riguarda la provincia di Brescia questo rapporto appare invece molto meno definito a causa delle interessanti particolarità formali dei testi ancora oggi in uso nella tradizione orale, testi le cui caratteristiche verranno descritte con l’aiuto di tabelle comparative.

Giuliano Grasso
Musicista e ricercatore, nel 1982 è tra i fondatori di Barabàn gruppo con il quale ha tenuto concerti in tutta Europa, Russia e Nord America e ha realizzato otto incisioni discografiche.
Come ricercatore, da quarant’anni si occupa di cultura popolare dedicandosi alla divulgazione di indagini sul campo attraverso numerosi articoli, libri, dischi, video, conferenze, corsi di aggiornamento e mostre fotografiche sulle tradizioni orali dell’arco alpino del Nord Italia, con particolare attenzione all’area lombarda e, in special modo, al territorio bresciano.
Ha pubblicato saggi inerenti diversi aspetti dell’oralità: canti di tradizione, musica da ballo, rituali, strumenti musicali, medicina popolare.
Con l’Associazione culturale Barabàn cura attualmente una collana editoriale di libri e CD dedicati alla pubblicazione di materiali di interesse etnografico.

Ore 16.30

CLAUDIO BERNARDI

Epifania, manifestazione della comunità.

Nell’era della globalizzazione, caratterizzata dalla massiccia omologazione culturale dei media, si assiste ad un recupero e reinvenzione delle tradizioni dell’Epifania che vanno dalla processione dei Magi a Milano, a quella di Varenna, Como, Desenzano, dai fuochi epifanici del Friuli, come il pignarûl di Tarcento, al bruciamento su grandi cataste di legna (borielli) della Vecia di Goito (Mantova), dalle befanate toscane alle pasquelle umbro-marchigiane e anche abruzzesi, per non per parlare del sud d’Italia, le cui variegate e ricche tradizioni possono essere esemplificate dalla festa du Pagghiaru a Bordonaro (Messina), che prende il nome dalla singolare costruzione, intorno alla quale si organizza il rituale festivo, a metà tra l’albero di Natale e l’albero della cuccagna.
Tra i casi più interessanti di rifondazione comunitaria di tradizioni folcloriche dell’Epifania si segnala il Canto della Stella in Valsabbia. La tradizione più recente vuole che la sera del 5 gennaio un gruppo di cantori, accompagnati o meno da uno più strumenti musicali, vada per le frazioni del paese con una grande stella di legno e carta, illuminata e fissata all’estremità di un’asta; la stella luminosa viene fatta ruotare grazie a un semplice meccanismo, formato da corda e carrucola, azionato a mano. Soffermandosi davanti alle case i cantori intonano strofe di canti natalizi, facendo gli auguri e raccogliendo cibarie od offerte che vengono poi devolute in beneficenza. Un tempo i canti della stella erano prerogativa dei maschi celibi e dei coscritti che utilizzavano le offerte per un banchetto tra amici. In alcuni casi comparivano e compaiono i personaggi, esoticamente abbigliati, dei Tre Re.
I canti della stella appartengono al genere dei canti di questua di cantori itineranti nel periodo che va da Natale all’Epifania e che sono distribuiti ed eseguiti variamente nel territorio italiano. A differenza delle befanate e delle pasquelle o pasquette del Centro Italia, le stelle sono di natura religiosa e molto diffuse nell’arco alpino. Furono infatti promosse dalla Chiesa controriformistica nei territori in contatto con la Riforma da una parte per purificare le popolazioni dagli antichi usi propiziatori solstiziali dall’altra come risposta alla negazione luterana del culto dei santi, delle reliquie dei Magi, e dell’insistenza di Lutero sull’Epifania come festa del battesimo di Cristo e vero capodanno cristiano.
Il successo dei canti della Stella si inoltra fino ai primi del Settecento, quando l’usanza cominciò ad essere condannata sia dalle autorità civili che religiose. Iniziò così un progressivo declino innanzitutto nelle città e poi nel resto dei territori. Si conservò l’uso nelle aree più periferiche e in particolari contesti etnografici, come ad esempio quello della Val dei Mòcheni, in Trentino, e in Valsabbia nel bresciano.
Anche questi territori, però, negli anni ’50 e ’60 del Novecento videro la scomparsa o la marginalizzazione della tradizione, dovuta ai forti cambiamenti socioeconomici e culturali del secondo dopoguerra. Negli anni Settanta però gli studiosi notarono una ripresa di alcuni aspetti delle tradizioni e della cultura popolare riconducibili ad una più o meno consapevole insoddisfazione per la disgregazione e distruzione del patrimonio locale, sia di natura materiale che immateriale. Tra le rinascite di queste celebrazioni rituali del territorio alpino spiccano i canti di questua. L’usanza della Stella, chiamata anche “dei Tre Re”, è documentata oggi in un arco geografico che va dal Ticino alla Slovenia. Questo arco geografico costituisce l’appendice meridionale di un ambito molto più esteso di diffusione del rito della Stella che interessa vaste zone dell’Europa centrale non riformata, soprattutto germanofona, ma anche boema, ungherese e slava.
Canti di questua, cortei dei Magi, Befane e befanate, presepi viventi, fuochi rituali, tradizioni e invenzioni dell’Epifania presentano il terzo gruppo o grado di performance dei Dodici Giorni (dal 25 dicembre al 6 gennaio). Se Natale punta alla comunità familiare con la sua trinità di famiglia, bambini, carità, il Capodanno alla comunità universale con la sua trinità di folla in festa, riti di propiziazione, amicizia e pace universale, l’Epifania sembra puntare alla comunità locale con la sua trinità di territorio, teatralità, interculturalità.

Claudio Bernardi
Già ordinario in discipline dello spettacolo, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore nelle sedi di Milano e Brescia, è libero ricercatore e membro del CIT, Centro di Cultura e Iniziativa Teatrale di Milano. Dai suoi esordi accademici, collabora alla ricerca, progettazione e realizzazione di drammaturgie festive (Carnevali, feste di primavera, Pasqua, Natale). Tra le sue pubblicazioni : La drammaturgia della Settimana Santa in Italia, (1991); Carnevale, Quaresima, Pasqua. Rito e dramma nell’età moderna (1500-1900) (1995); Corpus hominis. Riti di violenza, teatri di pace (1996); La Stella della Valsabbia. I canti di questua epifanici nel territorio valsabbino (2007, con Ilaria Tameni), Agenda aurea. Festa, teatro, evento (2012).

Ore 17.15

NADIA MASINI

Fonti scritte e orali nella pratica liturgica e devozionale in Basilicata.
Ore 18.00

LORENZO PELLIZZARI

La Stella nella tradizione del Natale a Ponte Caffaro.

La tradizione del canto della Stella a Ponte Caffaro va inserita nel contesto più vasto delle tradizioni popolari musicali del periodo natalizio, che si sono svolte con lo stesso rituale fino alla fine degli anni cinquanta.
Durante l’Avvento non si poteva cantare ne suonare e questo periodo non era gradito dalla gente che amava la musica, il canto e i balli e lo percepiva come una piccola quaresima.
Alla vigilia di Natale il canto del Gelindo, che narra in settantatré strofe la storia del viaggio di Giuseppe e Maria a Betlemme e la nascita di Gesù, apriva il gioioso periodo che terminava all’Epifania.
Mentre la gente cantava il Gelindo nelle case, nelle stalle o all’osteria, i suonatori aspettavano la sera e dopo la campana serale dell’Ave Maria suonavano la Pastorella lungo le strade del paese. Volevano che le persone sentissero la musica mentre erano in casa o dormissero proprio come i pastori del presepe che sentirono di notte la musica degli angeli. Durante il giorno di Natale non si sentivano più le pastorelle suonate ma solo quelle cantate.
Tutta la popolazione le cantava in chiesa ma alcuni le cantavano anche all’osteria. Alla sera dell’ultimo giorno dell’anno si celebrava la solenne funzione di ringraziamento a Dio per l’anno trascorso cantando il Te Deum e quando la gente era di nuovo nelle case i suonatori partivano di nuovo per suonare la Pastorella nel paese.
A capodanno era la volta dell’Agiös, la questua augurale dei ragazzi che chiedevano doni nelle varie case del paese. Questi ragazzi non erano mascherati però indossavano cappellacci o mantelli e a volte cantavano le polesane e altre canzoni vecchie. Dalla fine degli anni quaranta non viene più eseguito.
Il cinque gennaio, vigilia dell’Epifania, veniva cantata la Stella. Generalmente tre uomini, che rappresentavano i re magi e indossavano indumenti vagamente orientaleggianti, partivano nel pomeriggio e la cantavano con un gruppo di uomini fuori dalle case del paese fino a tarda notte. A volte uno si tingeva il viso di nero per ricordare il moro Baldassarre. Uno del gruppo portava una stella di legno e carta, illuminata da una candela all’interno. La stella era fissata su un bastone e veniva fatta ruotare su se stessa dal portatore. Un altro teneva sulle spalle una gerla in cui metteva i regali che venivano loro dati: castagne, noci, salami, formaggio e così via.
I doni venivano poi utilizzati per la cena dei cantori, in pratica la questua era l’importante motore di questa tradizione.
Alla fine degli anni cinquanta queste tradizioni sono cambiate.
La Pastorella, in seguito all’introduzione della messa della vigilia alla mezzanotte, viene eseguita solo dopo l’una per evitare di trovare la gente ancora in strada.
Il Gelindo ormai non si canta più all’osteria.
Il Canto della Stella a Ponte Caffaro non si fa più perché un curato negli anni Sessanta ha voluto gestire la questua per scopi di beneficenza eliminando così la cena finale degli stellari; tolta questa finalità il gruppo si è sciolto. Il canto e il rituale sono comunque ben documentati e potrebbero tornare in vita.

Lorenzo Pelizzari
È nato nel 1949, vive a Ponte Caffaro, è sposato ed ha due figli. Ha lavorato come disegnatore fino al 2007. Dagli anni settanta si dedica alle tradizioni del proprio paese.
Ha divulgato articoli sulla storia locale, sulle tradizioni della sua comunità, contribuito al recupero di musiche, balli, costumi, iconografia del carnevale ed alla storia della liuteria popolare locale.
Suona il violino per i ballerini del carnevale di Ponte Caffaro.
Ha pubblicato due volumi sul canto popolare a Ponte Caffaro contenenti oltre duecento brani ed un libro sulla liuteria popolare di Bagolino.

Ore 18.15

Chiusura dei lavori

Tutti gli eventi sono a ingresso libero e gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili.
I programmi potrebbero subire variazioni.

info@associazionechoros.it
T 348 9328101

Un'iniziativa

In collaborazione con

Con il patrocinio di

Con il contributo di

Con il sostegno di